Non passa giorno che i moralisti
dell'incontrario, ovvero i servili pompieri mediatici di Pdl e
Pdmenoelle, spargano letame addosso al MoVimento 5
Stelle, timorosi che le denunce, le rivendicazioni e le proposte dei
pentastellati possano, in qualche modo, turbare i sonni e gli affari del Palazzo.
“Il nostro piangere fa male
al re, fa male al ricco, al cardinale, diventan tristi se noi
piangiam”...
In fondo, si domandano i
moralisti di cui sopra: cosa c'è che non va in Italia?
Non c'è
disoccupazione, l'aria è pulita, le biblioteche e i musei sono
aperti giorno e notte, le nostre scuole ed università assicurano il
futuro alle giovani generazioni...
Le banche prestano soldi alle Pmi ed alle giovani coppie che vogliono acquistare una casa...
La giustizia funziona, il fisco
fa pagare le tasse a tutti secondo i beni che possiedono e a quanto
guadagnano, la mafia, la camorra, la 'ndrangheta sono state debellate
sia nel povero sud che nel prospero nord della penisola, la trattativa Stato-Mafia è
stata completamente svelata e tutti i colpevoli sono stati puniti...
L'informazione dà conto con
chiarezza della vita economica e politica del Paese, i responsabili dei crack di Mps, Alitalia e Telecom sono stati assicurati alle patrie galere, solo la legge (senza amnistie) tutela i diritti e i doveri, anche il più debole
dei cittadini è sacro, la politica è diventata finalmente l'arte
del necessario...
Può una persona di buon senso,
che non sia politicamente disturbata da manie servili, credere in
questa (ir)realtà, ovvero affermare che del contrario di tutto ciò
non abbia alcuna responsabilità chi ha amministrato l'Italia negli ultimi cinquant'anni?
In verità, ancor prima del
crollo del Muro di Berlino, la politica italiana si era già ridotta
ad un mercato per la conquista di voti (quelli mafiosi compresi),
sostituendo le ideologie con le mitologie del denaro, della carriera,
della ricchezza individuale, dell'esaltazione della vita comoda e
bella, con buona pace dei moralisti dell'incontrario.
Tutto molto simile al mondo
americano raccontato da Tom Wolfe nel suo romanzo “Il Falò
delle Vanità”, una sorta di manifesto, di brodo di coltura,
per quella che nel 1994 si materializzò come la discesa in campo del Caimano.
In un Paese come il nostro, di
per sé frammentato, diverso da una regione all'altra per la sua
storia, i suoi dialetti, i suoi costumi, la sua
geografia, i nuovi valori introdotti dal pragmatismo berlusconiano
-consenziente la sinistra dei Violante e D'Alema- ebbero effetti
catastrofici, causando un'irreparabile disgregazione tra ceti
sociali, tra generazioni e tra culture.
Nel frattempo, furono gli stessi
moralisti dell'incontrario a definire la “questione morale” un
arcaico relitto del passato, al punto da convincere compagni e
camerati che “un certo tasso di criminalità" faceva parte
integrante dello sviluppo, della cosiddetta modernizzazione del paese.
E' veramente impressionante, in
proposito, sentire ancor oggi questi irresponsabili untori definire
“antipolitica” il modo di porsi e di agire del MoVimento 5
Stelle che, di fatto, è oggi l'unica forza politica, in Italia, ad
aver declinato la “questione morale” nell'unico modo possibile,
semplicemente “non rubare”, nonché concepito la conquista del
potere soltanto quale mezzo per migliorare la vita dei cittadini.
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