Alitalia altro non è che uno dei
tanti buchi neri italiani, come Telecom, come la Rai, all'interno dei
quali, oramai da decenni, vengono risucchiati e spariscono i soldi
dei contribuenti italiani.
Fin dai tempi in cui la compagnia di bandiera era in mano pubblica, abbiamo assistito inermi
ad ogni genere di disastri gestionali: scorpori, cambi di management,
ricapitalizzazioni, con l'unico ed inconfessato obiettivo di renderla
più appetibile a quel gruppo di 'privati', legati a doppio filo con
il Pdl e il Pdmenoelle.
Per garantire i guadagni ai loro
'amici' capitanati da Colaninno senior, gli stessi partiti delle
odierne false intese si inventarono addirittura una bad company (dove
sono confluite le perdite aziendali da far pagare ai cittadini),
assicurando al contempo alla nuova Alitalia un monopolio triennale
sulla rotta più remunerativa, la Milano-Roma.
Quegli stessi partiti, inoltre, trovarono pure delle banche compiacenti, disposte
a buttar via un po' di soldi dei loro azionisti, pur d'imbarcarsi in un'avventura che, viste le premesse, altro non poteva che
rivelarsi fallimentare.
Gli unici a non aver perso un
centesimo, anzi, ad aver tratto profitto personale dalla combinazione
tra marketing elettorale e politico, furono al tempo il Cavaliere
a delinquere e l'ex ministro Corrado Passera.
Dall'altra parte gli sconfitti,
come sempre accade in questo Paese, sono stati i cittadini italiani
che hanno pagato un conto salato da più di cinque miliardi, bruciati
sull'altare delle ambizioni personali di questi impresentabili personaggi.
Allora: perché non disfarci di
Alitalia? Per alcuni, come Capitan Findus Letta e il suo valletto Lupi, la vendita
significherebbe privarci di un 'asset strategico' (?) per il Paese,
altri tirano in ballo addirittura (come già per Telecom) questioni
legate alla sicurezza nazionale.
Come se vendere Alitalia
possa, ad esempio, impedirci di disporre di velivoli per trasportare
le nostre truppe a Shangai, in caso di guerra con la Cina.
Cosa significa, invece, 'asset
strategico'? Per politici e sindacati, fino ad oggi, ha voluto dire
mantenere in piedi un'azienda colabrodo in cui l'hanno sempre fatta da padroni,
con il risultato di un fallimento infinito che è sotto gli occhi di
tutti.
Il tentativo di 'privatizzazione'
del 2008, del resto, dovrebbe aver insegnato anche ad un bambino che non ci si può
improvvisare manager di una compagnia aerea, ci vogliono competenze
professionali specifiche, non bastano le 'amicizie' politiche.
Invece no, il governo
dell'Inciucio ci riprova: un bel versamento da parte di Poste
Italiane di una quota iniziale di 75 milioni di euro, cui va aggiunto
un centinaio di milioni per la quota di debito della compagnia a
carico pubblico, su un totale di quasi un miliardo.
Vedremo tra qualche mese se
l'operazione di resuscitare, per la seconda volta, il cadavere di Alitalia, non avrà invece
contagiato anche l'azienda 'al servizio dei cittadini che rappresenta
un motore di sviluppo per l'intero Paese', come recita la pubblicità
di Poste Italiane.