Ci sono anche voci fuori dal coro,
come quella della scrittrice italiana Elena Loewenthal, che hanno il coraggio
di mettere in discussione l'idea stessa che la memoria serva ad
evitare che le tragedie come quella della Shoah si possano ripetere
nella storia umana “Se non accadrà più, sarà merito del caso”
-afferma- invocando l'oblio come forza vitale, per dimenticare e
andare avanti.
Le sue personali riflessioni sul
tema sono raccolte in un libricino intitolato "Contro il giorno
della memoria" (Add editore, 93 pg, 10 euro), in cui in modo poco
rassicurante e del tutto not politically correct, la
Loewenthal mette in discussione molte cose, incluso l'invito a non
guardare con complessi reverenziali all'odierna retorica delle
commemorazioni imposte per legge.
Per i pochi sopravvissuti allo
sterminio ancor oggi viventi, per chi ha avuto familiari o parenti
trucidati nei campi di concentramento, per gli ebrei venuti al mondo
dopo di loro, questo ricordo imposto dalle istituzioni non è di certo
consolatorio per la memoria: quei fatti, in qualche modo, continuano
a riemergere nei loro peggiori incubi.
E' errato, dunque, pensare che la
giornata della memoria venga celebrata per loro: le tragedie della persecuzione razziale, della deportazione e dello sterminio,
appartengono alla storia europea, nella quale gli ebrei hanno solo
avuto il ruolo di vittime, non quello di protagonisti, al punto che
dovremmo essere noi europei a ricordarle come parte imprescindibile
della nostra stessa identità collettiva.
Tra le righe del suo pamphlet,
Elena Loewenthal ci chiede addirittura di dimenticare il giorno
della memoria, in quanto da celebrazione introspettiva si è presto
trasformato in qualcosa di ben diverso: ovvero in un atto di omaggio
al popolo ebraico, come a dire che “visto che siete morti così
in tanti, vi ricordiamo”,
aspettandoci con ciò da quello stesso popolo una qualche forma di
riconoscenza o, quantomeno, di riconoscimento di questo nostro
omaggio.
Poiché nulla di tutto ciò arriva
(e perché mai dovrebbe?), ecco che ci tocca assistere a squallidi episodi
come quello accaduto a Roma, dove tre teste di maiale sono state
recapitate alla sinagoga ebraica, all'Ambasciata d'Israele e al Museo
capitolino che ospita la mostra dal titolo “I giovani ricordano la
Shoah – dieci anni di memoria attraverso le opere degli alunni
delle scuole italiane”.
Oltre a ciò, non mancheranno
certamente coloro che dalle bacheche di Facebook, o nelle timeline di
Twitter, se la prenderanno con Israele, accusandolo di aver
dimenticato la lezione della Shoah, paragonando le sue politiche a quelle delle SS, e fioriranno infine i post con la lista degli stermini ignorati e delle
tante barbarie occultate, che l'umanità (purtroppo) non si fa mai mancare.
Tutto questo verrà scagliato come
un'arma contro gli ebrei, trasformando il giorno della memoria in una
ricorrenza per rimproverare, per scaricare sacchi di merda contro
l'industria della Shoah e contro la facilità con cui gli ebrei riescano a far soldi manipolando abilmente i sensi di colpa.
Il giorno della memoria -afferma
la Loewenthal- in questi casi innesca il peggio, meglio sarebbe non
evocarla del tutto, se non altro per non scatenare quell'inferno d'insulti: lo
stesso negazionismo, del resto, non è affatto scomparso con
l'istituzione per legge del Giorno della Memoria, anzi, ha ottenuto
da questa circostanza quasi una legittimazione di parola, che prima gli era negata.
Forse tra il ricordo imposto per
legge e la dimenticanza per andare avanti invocata dalla
Loewenthal, sarebbe opportuno prendere in considerazione una terza
via possibile: l'elaborazione della storia che, pur rappresentando un
processo lento ed incerto, appare come l'unica soluzione in
grado di far breccia nella nostra coscienza collettiva.