lunedì 27 gennaio 2014

Elena Loewenthal: “Contro il giorno della memoria”

Ci sono anche voci fuori dal coro, come quella della scrittrice italiana Elena Loewenthal, che hanno il coraggio di mettere in discussione l'idea stessa che la memoria serva ad evitare che le tragedie come quella della Shoah si possano ripetere nella storia umana “Se non accadrà più, sarà merito del caso” -afferma- invocando l'oblio come forza vitale, per dimenticare e andare avanti.

Le sue personali riflessioni sul tema sono raccolte in un libricino intitolato "Contro il giorno della memoria" (Add editore, 93 pg, 10 euro), in cui in modo poco rassicurante e del tutto not politically correct, la Loewenthal mette in discussione molte cose, incluso l'invito a non guardare con complessi reverenziali all'odierna retorica delle commemorazioni imposte per legge.

Per i pochi sopravvissuti allo sterminio ancor oggi viventi, per chi ha avuto familiari o parenti trucidati nei campi di concentramento, per gli ebrei venuti al mondo dopo di loro, questo ricordo imposto dalle istituzioni non è di certo consolatorio per la memoria: quei fatti, in qualche modo, continuano a riemergere nei loro peggiori incubi.

E' errato, dunque, pensare che la giornata della memoria venga celebrata per loro: le tragedie della persecuzione razziale, della deportazione e dello sterminio, appartengono alla storia europea, nella quale gli ebrei hanno solo avuto il ruolo di vittime, non quello di protagonisti, al punto che dovremmo essere noi europei a ricordarle come parte imprescindibile della nostra stessa identità collettiva.

Tra le righe del suo pamphlet, Elena Loewenthal ci chiede addirittura di dimenticare il giorno della memoria, in quanto da celebrazione introspettiva si è presto trasformato in qualcosa di ben diverso: ovvero in un atto di omaggio al popolo ebraico, come a dire che “visto che siete morti così in tanti, vi ricordiamo”, aspettandoci con ciò da quello stesso popolo una qualche forma di riconoscenza o, quantomeno, di riconoscimento di questo nostro omaggio.

Poiché nulla di tutto ciò arriva (e perché mai dovrebbe?), ecco che ci tocca assistere a squallidi episodi come quello accaduto a Roma, dove tre teste di maiale sono state recapitate alla sinagoga ebraica, all'Ambasciata d'Israele e al Museo capitolino che ospita la mostra dal titolo “I giovani ricordano la Shoah – dieci anni di memoria attraverso le opere degli alunni delle scuole italiane”.

Oltre a ciò, non mancheranno certamente coloro che dalle bacheche di Facebook, o nelle timeline di Twitter, se la prenderanno con Israele, accusandolo di aver dimenticato la lezione della Shoah, paragonando le sue politiche a quelle delle SS, e fioriranno infine i post con la lista degli stermini ignorati e delle tante barbarie occultate, che l'umanità  (purtroppo) non si fa mai mancare.

Tutto questo verrà scagliato come un'arma contro gli ebrei, trasformando il giorno della memoria in una ricorrenza per rimproverare, per scaricare sacchi di merda contro l'industria della Shoah e contro la facilità con cui gli ebrei riescano a far soldi manipolando abilmente i sensi di colpa.

Il giorno della memoria -afferma la Loewenthal- in questi casi innesca il peggio, meglio sarebbe non evocarla del tutto, se non altro per non scatenare quell'inferno d'insulti: lo stesso negazionismo, del resto, non è affatto scomparso con l'istituzione per legge del Giorno della Memoria, anzi, ha ottenuto da questa circostanza quasi una legittimazione di parola, che prima gli era negata.

Forse tra il ricordo imposto per legge e la dimenticanza per andare avanti invocata dalla Loewenthal, sarebbe opportuno prendere in considerazione una terza via possibile: l'elaborazione della storia che, pur rappresentando un processo lento ed incerto, appare come l'unica soluzione in grado di far breccia nella nostra coscienza collettiva.

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